Il cinema africano si reinventa

Alessandro Jedlowski Foto: Carmen McCain e Isabel Moura Mendes

Ouagadogou, Burkina Faso. Per coloro che si dedicano al cinema in Africa è per molti versi un periodo di importante transizione. Molte cose sono cambiate negli ultimi quindici anni ed oggi si ha l’impressione che alcune trasformazioni radicali siano alle porte. L’atmosfera che si respirava nei giorni passati per le vie di Ouagadogou, durante la 22esima edizione del FESPACO (Festival Panafricain du Cinéma et de la Télévision de Ouagadogou), il più grande e longevo festival di cinema nel continente africano, ne è una testimonianza. Un grande successo di pubblico, ma soprattutto molte occasioni per venire a conoscenza delle nuove iniziative che stanno emergendo negli ultimi anni per risolvere alcuni dei problemi che hanno minato profondamente lo sviluppo della cinematografia nel continente.

Prima di concentrare l’attenzione sui nuovi sviluppi cui il FESPACO di quest’anno ha offerto una vetrina, è necessario analizzare brevemente gli elementi che hanno partecipato allo sviluppo di queste nuove tendenze. Due problematiche hanno attraversato la riflessione sulla cinematografia africana fin dai suoi albori negli anni immediatamente successivi alle indipendenze: la questione relativa al finanziamento della produzione e la questione del pubblico. Come produrre cinema in un continente in molti casi obbligato a dipendere dagli aiuti internazionali anche per le sue esigenze primarie? E come raggiungere un pubblico disseminato su territori spesso difficili da raggiungere, con condizioni climatiche avverse, e spesso condizionati dall’assenza delle infrastrutture di base necessarie?

L’articolazione di queste due problematiche ha in certi casi spinto la produzione cinematografica verso una difficile situazione di impasse. Speso i film prodotti sono stati ultimati grazie al supporto offerto dalla cooperazione internazionale (in particolare quella delle agenzie della Francofonia), e si sono orientati quindi verso un pubblico internazionale piuttosto che locale, rendendo ancora più acuto il problema del rapporto con il pubblico locale già reso difficile dalla situazione ambientale.

Se in paesi come il Sud Africa, l’Egitto, l’Algeria ed il Marocco a queste problematiche sono state trovate soluzioni più o meno durevoli, grazie anche allo sviluppo economico più solido di questi paesi, nei paesi dell’Africa sub sahariana la situazione è progressivamente peggiorata nell’era successiva all’applicazione dei programmi di aggiustamento strutturale dettati dalla Banca Mondiale, attorno alla metà degli anni ’80. In seguito all’applicazione di tali programmi, infatti, il già ridotto coinvolgimento di capitali locali nella produzione cinematografica si è praticamente estinto, molte delle sale cinematografiche esistenti nel continente sono state privatizzate e trasformate in chiese o centri commerciali, e la produzione in pellicola della maggior parte dei paesi sub sahariani si è ridotta fin quasi a scomparire.

A complicare ulteriormente la situazione ha contribuito in anni più recenti la progressiva mutazione dell’atteggiamento politico francese nei confronti della produzione culturale nel continente. Se per molti anni, infatti, la Francia aveva giocato un ruolo determinante nella promozione della produzione cinematografica ed artistica in generale nei paesi dell’Africa sub sahariana (in particolare francofona), suscitando in certi casi anche alcune critiche per il suo atteggiamento velatamente neocoloniale, con la trasformazione degli equilibri strategici sul continente e la diversificazione della politica estera francese in epoca recente, il supporto economico alla produzione africana è venuto meno, lasciando i registi africani di fronte ad un quadro complesso.

In questo difficile quadro, si è inserita negli anni ’90 la nascita di quello che può essere definito il fenomeno più rivoluzionario nel panorama della cinematografia africana recente, ovvero lo sviluppo dell’industria video nigeriana, spesso conosciuta come Nollywood. Facendo uso di tecnologie digitali a basso costo ed adattando le strategie di distribuzione all’informalità dell’economia locale, i produttori nigeriani sono riusciti ad inventare un sistema in grado di mettere sul mercato home video all’incirca diecimila titoli nell’arco di una quindicina d’anni (restando alle cifre ufficiali e non contando i film messi sul mercato senza passare attraverso il filtro della censura).

Lo straordinario successo continentale di questo fenomeno, rapidamente fatto proprio da molti altri paesi africani, in particolar modo anglofoni, ha suggerito possibili vie d’uscita alla crisi dettata dalle problematiche sottolineate in precedenza. Due le parole chiave di questa potenziale rivoluzione: tecnologia digitale e linguaggio estetico/narrativo popolare (orientato dunque al pubblico locale e non ai festival internazionali).

Se torniamo ora al FESPACO di quest’anno è possibile notare come proprio su queste due linee si stiano vedendo gli sviluppi più pronunciati. Il successo dei video nigeriani ha fatto capire che il cinema come forma di intrattenimento popolare ha in Africa un grande potenziale, ed ha dunque spinto registi e produttori ad interrogarsi in modo più deciso sulle strategie da adottare per dare alla distribuzione dei film africani una struttura più effettiva, capace di trasformare il successo popolare evidenziato dal fenomeno video in un successo economico in grado di dare al cinema africano i mezzi per sostenere in modo autonomo la propria crescita. In quest’ottica la questione della diffusione di internet e delle tecnologie digitali nel continente risulta di importanza centrale, ed è proprio su questo punto che alcune delle iniziative più interessanti fra quelle presentate al festival si sono concentrate.

Storicamente l’Africa sub sahariana ha visto crescere le proprie infrastrutture di base in modo  lento e discontinuo a causa di una serie di problematiche legate alla cattiva gestione dei fondi pubblici ed all’instabilità politica di numerose regioni. In molte parti del continente, ad esempio, le linee telefoniche non sono mai arrivate, rendendo la comunicazione fra zone urbanizzate e zone rurali estremamente complessa. In questo contesto l’introduzione negli ultimi anni dei telefoni cellulari prima e della rete internet poi ha aperto possibilità di comunicazione e circolazione di informazioni senza precedenti.

Nell’arco di poco più di un decennio un paese come la Nigeria è arrivato ad avere all’incirca 90 milioni di abbonati alle compagnie telefoniche mobili su una popolazione di 140 milioni di abitanti. Nella maggior parte dei casi proprio attraverso i cellulari internet ha fatto il suo ingresso nella vita quotidiana dei ampie fasce della popolazione, generando nuove opportunità economiche e suggerendo possibilità alternative per la circolazione di immagini prodotte localmente.

Le iniziative a mio avviso più interessanti fra quelle presentate al festival guardano dunque a questi fattori come elementi chiave per lo sviluppo della distribuzione del cinema africano all’interno ed all’esterno del continente. Il progetto Mokolo, ad esempio, discusso durante il FESPACO nell’ambito di un workshop orientato a definirne le linee d’azione specifiche, è un progetto che punta alla creazione di una piattaforma online di coordinamento fra le varie iniziative di distribuzione di film africani via internet già esistenti, come africafilm.tv e africanfilmlibrary.com.  L’obbiettivo è quello di creare un database aperto, direttamente gestito da registi e produttori, sul quale vengano caricate il maggior numero di informazioni possibili relative alle produzioni africane ed attraverso il quale sia possibile accedere a portali che permettono l’acquisto diretto dei film. Tale progetto, al quale stanno progressivamente aderendo rappresentanti delle esperienze cinematografiche più influenti del continente, mira a diventare attivo nell’arco di un paio di anni, tempo nel quale secondo le previsioni di molti esperti, il continente giungerà ad un livello di sviluppo, sul piano delle nuove tecnologie di comunicazione, tale da rendere il sistema accessibile nella maggior parte dei paesi africani. E’ vero, infatti, che grandi investimenti privati in direzione di uno sviluppo accelerato della rete internet e dei canali televisivi accessibili via telefono mobile sono già in atto e cominceranno a breve a dare i primi risultati.

L’innovazione dovuta all’introduzione delle tecnologie digitali non riguarda però solo la distribuzione online. Come infatti dimostra l’esempio dell’industria video nigeriana, l’introduzione di tecnologiedigitali ha permesso e sta permettendo a molti di girare film con budget ridotti e distribuirli direttamente nei mercati locali in formato video. Questo sistema di distribuzione sta progressivamente spingendo verso il ritorno del cinema come spazio collettivo. Il successo popolare dei video ha infatti suscitato l’interesse di diversi imprenditori locali i quali hanno visto nella reintroduzione di sale cinematografiche di quartiere, possibilmente attrezzate per proiezioni digitali, una importante potenziale fonte di guadagno, nonché una forma di contenimento del commercio di copie video pirata, un fenomeno che ha raggiunto dimensioni tali da diventare una minaccia alla sopravvivenza dell’industria video stessa.

 In Nigeria, ad esempio, sono al momento almeno sei le compagnie che si stanno dedicando alla costruzione di sale cinematografiche nel paese, puntando ad un’offerta differenziata mirata sia ad un pubblico di fascia sociale medio-alta (cinema multiplex di solito situati in centri commerciali) che a fasce medio-basse (sale di quartiere a prezzi abbordabili, con standard tecnici più bassi ). Simili esperienze sono in atto in Senegal, in Mali, in Mozambico ed in altri paesi del continente, dove fra la reintroduzione di cinema mobili (come nel caso dell’iniziativa mobicine.org) e la costruzione di sale digitali di quartiere (come nel caso dell’iniziativa promossa dal festival mozambicano Dokanema) si sta cercando di reinventare la relazione con il pubblico locale attraverso un uso creativo dei mezzi offerti dalle recenti evoluzioni tecnologiche.

 Come si è detto all’inizio di questo articolo, il cinema in Africa ha dovuto per anni combattere per garantire a se stesso le condizioni primarie di esistenza, ovvero darsi gli strumenti per produrre film in modo autonomo (senza dipendere dalle condizioni imposte da capitali provenienti dall’esterno) ed elaborare sistemi di circolazione che permettano ai film prodotti di entrare nei circuiti economici locali ed in tal modo avere un impatto reale sulla vita delle popolazioni che in essi sono rappresentate.

 Un cinema senza pubblico e senza mercato per molti anni, il cinema africano ha fatto fatica ad affermare la sua forza e la sua novità, l’importanza dei suoi contenuti e il potenziale provocatorio delle sue scelte estetiche. Ma forse in questi anni stiamo assistendo ad una reale trasformazione. Come si è sottolineato, le innovazioni tecnologiche hanno sicuramente contribuito ad aprire lo spazio per tali trasformazioni, ma il merito principale per la loro attuazione va attribuito alla caparbietà di coloro che hanno visto e vedono nella lotta per la riappropriazione delle proprie immagini un passo fondamentale dell’emancipazione dell’intero continente. La consolidazione della produzione cinematografica in Africa ha infatti il ruolo fondamentale ed il potenziale necessario a raccontare l’Africa in modo differente, offrendo gli spunti necessari a ripensare il ruolo del continente africano nel mondo di oggi.

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2 Respuestas a “Il cinema africano si reinventa”

  1. Articolo molto interessante!
    Grazie per parlare d’Africa e per farci conoscere le innovazioni e le brillanti soluzioni che fioriscono da quel continente…
    occhio però: Ouagadougou è in Burkina Faso e non in Ghana!

    Saluti 🙂

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